Un fotosafari notturno alla ricerca del Succiacapre

Night Wild Tuscany, alla scoperta della vita notturna dell'Appennino Toscano

Il succiacapre, conosciuto anche come caprimulgo europeo (Caprimulgus europaeus), è l'unico rappresentante europeo della famiglia dei caprimulgidae. È una specie piuttosto singolare, che fa del mimetismo il suo punto di forza.

Grazie al suo particolare piumaggio bruno, che somiglia molto alla corteccia degli alberi, riesce a nascondersi alla perfezione dai potenziali predatori, tanto che se posato su un ramo lo si può scambiare per una parte di esso. Il succiacapre, attivo durante le ore notturne, si nutre principalmente di insetti che cattura in volo.

Sverna in Africa per poi tornare in Italia nel periodo compreso tra marzo e settembre.

Con la stretta collaborazione degli ornitologi del progetto "Life Granatha", che punta alla riqualificazione degli ericeti del Pratomagno, siamo andati alla sua ricerca.

Era una calda giornata di inizio estate sull'Appennino Toscano. La partenza era prevista poco dopo il tramonto. Il cielo sereno era di buon auspicio e la luna piena, già alta, illuminava il nostro cammino man mano che la notte avanzava.

Come detto, il succiacapre predilige le ore notturne per muoversi e tra i suoi luoghi di caccia prediletti ci sono le strade sterrate, cosa che ne rende più semplice l'osservazione. Salendo di quota, dopo aver individuato il suo potenziale habitat, vagammo per diverse ore senza aver avuto la fortuna di vederlo o sentirlo. Di notte si apre un mondo nuovo e gli avvistamenti non mancano: dai classici ungulati che ti attraversano la strada, ai piccoli ricci e ai rospi immobili come sentinelle ai margini della carreggiata.

La nottata procedeva bene, ma del nostro obiettivo non c'era traccia, così decidemmo di scendere un po’ di quota e perlustrare una strada dove giorni addietro, di passaggio, avevo avvistato un esemplare.

Il periodo era quello giusto ma in quei giorni le temperature erano scese e questo poteva aver spinto i succiacapre a rimanere ad un'altitudine minore.

Tornati a bassa quota procedemmo molto lentamente: il rischio di passargli accanto senza vederlo era alto, e avvicinarsi troppo lo avrebbe fatto volare via.

Nel frattempo il tempo passava, l'orologio segnava l'1.00 di notte e la speranza di trovarlo diminuiva, fino a quando, poco davanti a noi, vedemmo un luccichio in mezzo alla strada.

Ci guardammo: l'avevamo trovato. Per nostra fortuna, l'occhio del succiacapre aveva riflesso i fari dell'auto aiutandoci nella sua individuazione. Forte del suo mimetismo, rimase immobile, come fa spesso, anche quando nota presenze estranee.

Individuato, c'era da avvicinarlo senza spaventarlo. Fermata l'auto, mantenendo i fari accesi, cominciammo a avvicinarci strisciando come soldati su un campo di battaglia. Arrivati a una distanza accettabile, scattammo diverse fotografie usando come illuminazione i fari dell'auto e un flash depotenziato.

Potendolo osservare da più vicino, si notano le sue particolarità.  L'aspetto e le sue abitudini mi hanno fatto capire il perché di tutte le storie e le leggende sul suo conto. Infatti, nel folclore nordamericano, il succiacapre è considerato uno psicopompo, ovvero una di quelle entità dedite al trasporto delle anime dei morti nell'aldilà, come lo era Caronte per i Greci. Questa fama può essere in parte dovuta al suo particolare richiamo: non a caso il famoso scrittore H.P. Lovecraft, nel celebre racconto "L'orrore di Dunwich" cita appunto il succiacapre (chiamato caprimulgo nel libro) e le credenze a lui associate :

"Quella vigilia d'Ognissanti i rumori risuonarono più forti che mai sulle colline, e come sempre il fuoco divampò su Sentinel Hill; ma la gente dei dintorni prestò più attenzione al ritmico canto di grandi stormi di caprimulgi che, nonostante l'autunno avanzato, s'erano innaturalmente raccolti attorno alla buia fattoria dei Whateley. Dopo mezzanotte le voci acute degli uccelli esplosero in una sorta di cachinno demoniaco che empì l'intera campagna, e non si chetò fino all'alba. Poi scomparvero, affrettandosi a volare nel Sud dove avrebbero dovuto trovarsi già da un mese. Che cosa significasse, lo si capì soltanto qualche tempo dopo. Sembrava che non fosse morto nessuno nella zona, ma la povera Lavini, l'albina deforme, non fu mai più vista in giro."

La confidenza varia, come per tutti gli animali, a seconda dell'individuo. Per fortuna, il nostro soggetto non era per nulla intimorito da noi, era così tranquillo che non accennò alcun movimento neppure dopo la fine della sessione fotografica. Ci allontanammo di qualche metro per alzarci in piedi, e solo in quel momento, assieme a noi, anche il succiacapre spiccò il volo sparendo dalla nostra vista.

L'emozione di scovare e immortalare animali cosi rari e sfuggenti anche a due passi da casa, mi spinge sempre più a far conoscere tramite le mie immagini il nostro territorio e la sua ricca biodiversità. Biodiversità che vive in mezzo a noi e spesso ci passa accanto senza che noi riusciamo a percepirla.

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